Restauro delle scritte in latino del ponte delle Grazie
Si è concluso in questi giorni l’intervento di restauro e rinnovo delle scritte in latino poste alla base dei quattro piloni di accesso al Ponte delle Grazie.
Non tutti forse ne sono a conoscenza, ma si tratta di una testimonianza fra le più significative del dopoguerra, sia per l’autore delle epigrafi, Vittorio Ragazzini, sia per la cornice simbolica che l’allora sindaco Pietro Baldi volle fermamente attribuire all’evento.
In occasione dell’inaugurazione del Ponte delle Grazie, il 16 dicembre 1951, il Comune incaricò il preside del liceo classico Vittorio Ragazzini di redigere le epigrafi da scolpire nelle testate dei quattro basamenti dei pilastri portabandiera.
Vittorio Ragazzini, fra i più grandi latinisti italiani del novecento, preside del liceo faentino dal 1939 al 1958 e medaglia d’oro per la cultura e per l’arte, era anche studioso insigne di epigrafia di epoca classica, tanto che diverse sue iscrizioni sono ancora oggi visibili nel territorio cittadino.
Motivo principale della scelta dell’Amministrazione di allora fu indubbiamente la volontà di mantenere viva la storia e ricordare le vicissitudini della città di Faenza e della sua gente. Così Ragazzini ancora una volta mise a disposizione della città le sue doti di letterato e di artista, mettendo notevoli energie e attenzioni per realizzare le iscrizioni commissionategli per il Ponte delle Grazie. Il Ponte sul fiume Lamone fu il centro delle azioni belliche, che colpirono Faenza. Esso fu distrutto e venne ricostruito solo dopo la liberazione.
Tre sono fondamentalmente le iscrizioni che campeggiano sui basamenti delle colonne posizionate ai quattro angoli di appoggio del ponte.
Le iscrizioni, oggi chiaramente leggibili grazie al lavoro di restauro, furono ripetute alternativamente, così che chiunque, sia venendo dal centro, sia dalla periferia, potesse vederle.
L’iscrizione principale è posta sulle due colonne che sono volte verso corso Saffi, quindi verso la piazza: “Me neqve dvrities ferri neqve prisca vetvstas – a martis furiis praestitit incolvmem – maiorsvrrexi longvm mansvrvs inaevvm – si pacis placidae foederasancta manent”(“Né la durezza del ferro né l’età vetusta preservarono me dalle furie di Marte Sono risorto più grande per durare nel tempo Se non saranno violati i sacri patti della pace”).
L’epigrafe è una precisa testimonianza del fatto che la violenza e la furia militare non hanno provato alcun rispetto per l’imponenza e l’antichità del ponte.
Ma nell’iscrizione di Ragazzini si percepisce anche il forte senso di rinascita, la volontà di andare avanti che animò gli anni della ricostruzione.
Infatti, il letterato augura lunga vita al ponte stesso, estendendo l’augurio anche all’intera città, con la speranza che, dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, tutto possa tornare tranquillo come un tempo e che serenità e pace possano regnare indisturbate.