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Giovanni Battista Gatti, ebanista e intarsiatore

08 Novembre 2016

Venerdì 11 novembre, alle ore 17.30, in Pinacoteca comunale (via S. Maria dell'Angelo 9) si terrà una conferenza di Sauro Casadei su Giovanni Battista Gatti (1816-1889), ebanista e intarsiatore di fama europea.

Insieme alla conferenza è programmata una mostra di opere di intarsio del patrimonio della Pinacoteca, donate da Gian Battista Gatti alla sua morte, consistenti in pregevoli lavori di intarsio ad avorio per specchiere, crocifissi e vari oggetti d'arredo. Saranno anche esposti alcuni dei riconoscimenti ottenuti da Gatti in mostre e fiere in tutto il mondo.

Riconosciuto maestro nell'intarsio con avorio su legno di ebano, Gatti ha realizzato mobili e arredi nello stile a revival rinascimentale, divenuto dominante in Europa tra il 1860 e il 1870. Ha goduto del sostegno di mecenati imperiali, aristocratici ed ecclesiastici in Europa, tra cui l'imperatore d'Austria, il duca di Hamilton e il cardinale Amat, ed è stato popolare anche tra i collezionisti industriali americani come Wright, Post e William Gilstrap.

Esempi del suo lavoro si trovano non solo a Faenza (nella Pinacoteca comunale e a Palazzo Milzetti), ma anche nel Victoria and Albert Museum di Londra, nel Museo Nelson-Atkins di Kansas City e nel Minneapolis Institute of Arts.

Nato a Faenza nel 1816, Gian Battista Gatti ha manifestato un precoce interesse per l'ebanisteria e l'arte della tarsia lignea frequentando l'ambiente del convento di San Domenico e il laboratorio di Girolamo Bianchedi, perfezionandosi poi a Firenze. Rientrato a Faenza avviò un'attività autonoma aprendo un laboratorio, dove realizzò prevalentemente preziosi oggetti in legno con tarsie “alla raffaellesca”.

Una cassetta da viaggio, presentata assieme a una tavola rettangolare al concorso provinciale annuale dell'Accademia di Belle Arti di Ravenna, venne acquistata dal Legato Apostolico, cardinale Luigi Amat di S. Filippo, uno dei suoi primi estimatori. Nel 1843 si trasferì a Roma al seguito del cardinale Amat, dove aprì un laboratorio nel palazzo della Cancelleria Pontificia e un negozio di vendita in via Sistina.

A contatto con l'ambiente dell'aristocrazia romana e con l'ambiente ecclesiastico, perfezionò in un primo tempo una tarsia alla raffaellesca per poi gradualmente abbandonare la tecnica fiorentina dei legni policromi e specializzarsi nell'avorio graffito, con inserti di madreperla, tartaruga e pietre dure su fondi di ebano, con medaglioni di uomini illustri, figure e immagini sacre. Le sue eccezionali abilità e capacità virtuosistiche gli meritarono la fama del più rinomato intarsiatore del suo secolo.  Tra i principali lavori si ricordano la tavola intarsiata per il principe Camillo Massimo, con vedute, fiori e arabeschi (1845), il restauro del coro cinquecentesco della chiesa dei santi Lorenzo e Felice a Spello e una tavoletta d'ebano con medaglie in avorio con incise le immagini dei santi di Spello, poi un piedistallo per la statua di San Giuseppe del Ballanti nella chiesa di San Giuseppe a Faenza (quest'ultima dispersa), inoltre lo sportello d'ebano intarsiato con graffiti in avorio e pietre dure per l'icona della Beata Vergine nella chiesa di San Francesco a Faenza, donata dal Gatti nel 1884, e anche una croce nella Pinacoteca comunale a Faenza.

Fu socio della Regia Accademia di Urbino, stimato e apprezzato dai grandi del suo tempo, tanto da meritare importanti onorificenze. Numerosi anche i premi e i riconoscimenti ottenuti nella partecipazione a importanti mostre in Italia e all'estero. Morto a Roma nel 1889, fu sepolto a Faenza.