A Gmunden il 6° simposio della ceramica
Nell’ambito del progetto europeo ARGINET, per la creazione di un network della ceramica in Europa, sono diverse le azioni trasversali alle mostre mercato ceramiche che si svolgono nelle città partner di Faenza – Aubagne (Francia), Gmunden (Austria), Bolesławiec (Polonia) e Argentona (Spagna) – e che vanno a coinvolgere direttamente artisti, ceramisti e operatori culturali nell’ambito dell’arte ceramica.
L’obiettivo è quello di creare un sistema di azioni innovative e sostenibili di dialogo e scambio interculturale, di collaborazione e mobilità transnazionale degli operatori culturali in Europa nel campo della ceramica artistica. ARGINET è un progetto finanziato con il sostegno della Commissione Europea, nell’ambito del Programma Europeo Cultura.
Il Simposio della Ceramica di Gmunden, la cui VI Edizione si è svolta tra settembre e ottobre 2013, va proprio in questa direzione: si tratta di un laboratorio biennale sulla ceramica, che dall’8 settembre al 12 ottobre ha portato nella città austriaca – gemellata con Faenza – dodici artisti provenienti da otto paesi europei per lavorare a stretto contatto nell’atelier messo a disposizione dalla manifattura Gmundner Keramik. Tra i partecipanti, anche Cristina D’Alberto (classe 1978, originaria della provincia di Pavia)e Ana Cecilia Hillar (nata in Argentina nel 1969), ceramiste faentine “d’adozione”, entrambe arrivate a Faenza alla fine degli Anni Novanta per ragioni di studio nel campo della ceramica, uniche rappresentanti italiane del Simposio. L’obiettivo era duplice: da un lato, favorire lo scambio di tecniche e idee fra gli artisti, dall’altro creare e sviluppare il dialogo con i visitatori, che hanno potuto incontrare personalmente i ceramisti durante alcune giornate a porte aperte e nella serata di gala conclusiva.
Ana e Cristina hanno partecipato con grande soddisfazione, apprezzando in particolare la formula che permetteva di lavorare in un unico spazio di lavoro comune, con ottime dotazioni tecnologiche (grandi forni, alte temperature di cottura, materiali particolari, consulenti tecnici specializzati) che hanno offerto una grande libertà di azione per gli artisti. Il lavoro insieme ha poi creato importanti stimoli per i partecipanti, grazie al contatto continuo con tempi, tecniche e modalità di lavoro diverse dalle proprie.
La prima settimana è stata dedicata alla sperimentazione: sia Ana che Cristina hanno infatti modificato la loro idea iniziale, grazie alle possibilità tecniche offerte e al confronto con gli altri partecipanti.
Cristina d’Alberto era partita con l’idea di lavorare sul tema “contenuto-contenimento-contenitore”: questo è stato in effetti l’unico aspetto mantenuto, mentre sono aumentate notevolmente le dimensioni dell’opera finale (Cristina di solito lavora sulla piccola dimensione) ed è cambiata la tecnica, che dalla porcellana si è contaminata con l’uso di terre colorate.
Ana Cecilia Hillar ha sviluppato un percorso in cui, partendo dall’idea di lavorare in grande, l’attenzione si è poi spostata sul tema deivuoti e dell’equilibrio, creando opere in cui il focus è il vuoto all’interno.
Molto positiva per Ana è stata la possibilità della continuità del lavoro: i partecipanti potevano lavorare mattina-pomeriggio-sera, senza dovere seguire orari e ritmi specifici, con grande libertà, intensità e concentrazione. Si tratta di una modalità di lavoro diversa da quella consueta in studio: il Simposio ha permesso di “staccare la spina” completamente, creando un contesto produttivo che – anche grazie alle possibilità tecniche e tecnologiche messe a disposizione – ha permesso ad Ana e Cristina di andare oltre la pura sperimentazione, con effetti e influenze sulla loro produzione ceramica futura.
Cristina ha sottolineato come tra i dodici partecipanti si sia creato un clima di collaborazione e solidarietà, con un aiuto reciproco e lo scambio di consigli sull’utilizzo di un materiale o di una tecnica già conosciuta. Il gruppo era eterogeneo non solo per nazionalità, ma anche per l’età dei partecipanti, dai 24 ai 50 anni: anche questo aspetto è stato particolarmente apprezzato dalle ceramiste faentine, in quanto offriva una ricchezza di stimoli e visioni diverse.